“Io sono anche quello che non sono” (Alejandro Jodorowsky).
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Guardandomi allo specchio riconosco, sì, dei tratti familiari, conosciuti. La bocca è al suo posto, il naso pure. Tutto perfetto, tutto in ordine.
Ma so che quello specchio, in qualche modo, sta pensando la stessa cosa guardandomi. Si riconosce, ok. Ma ha un accenno, sul volto, un lieve sorriso, che tradisce dei piccoli dubbi.
Sembra dirmi “Se voglio, sai che posso girarmi e sparire? O avere un’altra espressione, altri tratti, altri colori, altri occhi?”. A queste domande silenziose rispondo con altrettante silenziose smorfie, dapprima con un certo turbamento e dopo riuscendo a rilassare i muscoli del volto.
“Sì, so che sei diverso, che non mi rifletti pienamente. So che devo ancora conoscerti e che, forse, alcune cose di te non le conoscerò mai. Ma sei me, ugualmente. E la stessa cosa puoi dire tu”.
Per un momento la sua difformità si arresta, di colpo mi rendo conto che ci stiamo fissando in modo gelido, quasi a bruciarci le pupille. Forse ha capito. Forse ho capito.
E un po’ più giù, lì negli angoli della bocca, l’arco di un lieve sorriso fa capolino su di me e su di lui.
Ci riflettiamo, come sempre.
E ci riconosciamo, nonostante tutto.
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Ho avuto l’enorme piacere di essere intervistato da quella fantastica famiglia che è CrunchEd.
Potete leggere l’intervista qui
Grazie!🌻
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